Manifestazione di protesta al Ministero degli Esteri italiano sulla controversa diga Gibe III

15 giugno 2010

I Mursi sono uno dei popoli minacciati dal progetto Gibe III nella bassa valle dell’Omo. © Magda Rakita/ Survival

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Manifestazione di protesta oggi alla Farnesina per raccomandare al Ministro degli Esteri Frattini di non concedere il credito d’aiuto di 250 milioni di euro richiesto dal Governo etiope per la realizzazione della controversa diga Gibe III.

La diga avrà un impatto devastante sulla vita di almeno otto popoli indigeni della bassa valle dell’Omo, un luogo riconosciuto anche come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

In concomitanza con la manifestazione, una coalizione di associazioni tra cui Survival International, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale e due organizzazioni umanitarie del Kenia consegneranno alla direzione della Cooperazione italiana (DGCS) una petizione contro la diga Gibe III firmata da oltre 300 associazioni diverse.

La Gibe III, in fase di costruzione da parte dell’azienda italiana Salini Costruttori, interromperà il ciclo naturale delle piene stagionali del fiume Omo. I 200.000 indigeni della valle, la cui sopravvivenza dipende dal fiume e dalle sue esondazioni, non sono stati consultati sul progetto.

“Dipendiamo dai pesci, che sono come le nostre mandrie” ha dichiarato un membro della tribù dei cacciatori-raccoglitori Kwegu. “Se le piene del fiume cesseranno, moriremo tutti.”

Il Fiume Omo è il principale affluente del famoso lago Turkana del Kenia, fonte di vita per altre 300.000 persone. Alla manifestazione che si terrà oggi a Roma parteciperanno anche due rappresentanti delle associazioni keniote ‘Friends of Lake Turkana’ e ‘The Daughter of Mumbi’.

Si pensa che il Ministro Frattini sia intenzionato a erogare il credito d’aiuto alla Gibe III molto presto sottoponendolo al vaglio del Comitato Direzionale del DGCS nelle prossime settimane.

Se dovesse effettivamente farlo, ignorerà completamente la grande preoccupazione espressa a livello internazionale e sfiderà anche le ferme raccomandazioni inviategli in una lettera aperta sottoscritta dalla vasta maggioranza delle Ong italiane. Nel documento, firmato da CRBM-MANI TESE, Associazione ONG Italiane (AOI), CIPSI, COCIS, CINI e LINK 2007 – il network che raggruppa AVSI, CESVI, CISP, COOPI, COSV, MEDICI CON L’AFRICA CUAMM, GVC, ICU, INTERSOS e LVIA – le Ong scrivono che “il progetto non si può configurare in alcun modo come un’iniziativa di aiuto allo sviluppo visto che metterà a rischio la sicurezza alimentare di mezzo milione di persone fra Etiopia e Kenya” e sottolineano che “il nostro paese ha il dovere politico di promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti dei popoli indigeni più minacciati” così come sancito dalla Dichiarazione ONU dei diritti dei popoli indigeni appoggiata e promossa dall’Italia.

Il contratto per la costruzione della diga è stato assegnato alla Salini senza gara d’appalto pubblica, in violazione della legge etiope. I lavori di realizzazione sono inoltre iniziati due anni prima del rilascio della preventiva autorizzazione dell’agenzia etiope per la protezione dell’Ambiente (EPA).

“Se la Gibe III verrà finita, assisteremo anche alla fine delle tribù della bassa valle dell’Omo” ha dichiarato Stephen Corry, direttore generale di Survival International. “L’Italia non deve farsi complice di questo disastro.”

Appuntamento:
Martedì 15 giugno
Ore 15,30
Ministero degli Affari Esteri, Piazzale della Farnesina 1, Roma

Popoli della valle dell'Omo
Popolo

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