Giorno del Commonwealth: un fallimento 'assoluto' e 'vergognoso' per i popoli indigeni

5 marzo 2009

Ragazzo Aborigeno, Northern Queensland, Australia. © John Miles/Survival

Questa pagina è stata creata nel 2009 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

Nel 2007, quando le Nazioni Unite hanno adottato la Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni, le nazioni che votarono contro la sua approvazione furono solo quattro: Australia, Canada, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Tre di essi sono Stati membri del Commonwealth.

Il Commonwealth è composto di 53 Stati ma solo due di essi, i più piccoli (Dominica e Isole Fiji), hanno sinora ratificato la legge internazionale che dal 1989 difende i diritti dei popoli indigeni e tribali, la Convenzione ILO 169.

Il Regno Unito continua a rifiutarsi di sottoscrivere questa legge adducendo il pretesto che non esistono popoli indigeni sul suo territorio. Tuttavia, la Convenzione pertiene a tutti i paesi del mondo tant’è che alcuni stati europei, come l’Olanda, l’hanno già ratificata. Inoltre, l’Unione Europea sta sollecitando da tempo tutti i paesi membri a sottoscriverla come questione della massima urgenza.

Centocinquantotto membri del Parlamento inglese hanno respinto la giustificazione del governo britannico, chiedendo che la legge venga firmata, senza ottenere però alcun risultato.

Stephen Corry , direttore generale di Survival, ha dichiarato in proposito: “Il Commonwealth fu in parte costruito sulle terre sottratte ai popoli indigeni. È tempo di mettersi alla pari con il resto del mondo che ha finalmente riconosciuto i loro diritti. Per un gruppo di nazioni che si fregia di porre i diritti umani al vertice della propria agenda, si tratta di un fallimento assoluto e vergognoso”.

In Italia esistono disegni di legge per la ratifica della Convenzione ILO 169 già assegnati alle Commissioni Esteri di Camera e Senato ma mai portati a discussione nonostante le sollecitazioni dell’Unione Europea.

Per aderire alla campagna e firmare la petizione, clicca qui.

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