I miti sui popoli indigeni e la caccia abbondano. La Baronessa Tonge, ad esempio, una parlamentare britannica, sosteneva che i Boscimani del Kalahari cacciassero utilizzando pistole e veicoli 4×4 – affermazioni che sono state dimostrate false in tribunale. Molti paesi hanno posto dure limitazioni alla possibilità dei popoli indigeni di cacciare anche se non esiste alcuna prova del fatto che le tribù riducano la popolazione degli animali che cacciano. Gli Hadza della Tanzania stavano per perdere i loro diritti di caccia a causa di una compagnia di safari. Spesso, i governi giudicano più accettabile la caccia controllata a scopo di profitto che quella praticata dai popoli indigeni per soddisfare i bisogni primari. Quando i popoli indigeni vengono banditi dalle loro terre da compagnie che organizzano safari di caccia privati, o quando sono sfrattati da coloni e allevatori, le conseguenze sono drammatiche.
In molti paesi, la caccia di particolari specie o all’interno di zone specifiche è stata dichiarata illegale ai fini della conservazione. Spesso le comunità indigene non vengono neppure consultate anche se sono loro a subirne l’impatto maggiore. Nel gennaio 2010, il governo canadese ha dichiarato fuori legge la caccia dei caribù in un’area dove il popolo Dene allevava circa 6.000 caribù all’anno per nutrire le proprie famiglie. Liquid error: internal Le fonti alternative di proteine e di ferro sono più grasse e più costose. I Dene hanno sofferto per lo sfratto dalla loro terra ancestrale, e oggi il diabete è un grave problema per tutta la loro comunità. “Mio padre era in piedi vicino alla finestra. Ho visto che piangeva. ‘Ero un uomo fiero’ ha detto. ‘Cacciavo e catturavo gli animali per la mia famiglia. Ero così orgoglioso. Ma oggi la mia bambina porta a casa il cibo raccolto nella spazzatura per farmi mangiare’” ha raccontato Illa Bussidor, una Dene Sayisi.
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