Leader indigeno sarà liberato dopo 2 anni di carcere

9 gennaio 2009

Madre e figlio indigeni Marma davanti alla loro casa. Negli ultimi 60 anni, gli Jumma sono passati dall’essere praticamente i soli abitanti delle Chittagong Hill Tracts all’essere superati, in numero, dai coloni. © Mark McEvoy/Survival

Questa pagina è stata creata nel 2009 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.


Dopo quasi due anni di reclusione, la Corte Suprema del Bangladesh ha ordinato ieri il rilascio con condizionale di Ranglai Mro, leader del popolo Mru delle Chittagong Hill Tracts.

Ranglai Mro era stato arrestato nel febbraio del 2007 e condannato a 17 anni di prigione per detenzione di armi. Si pensa che le accuse siano state inventate per ritorsione a causa delle proteste effettuate da Ranglai contro lo sfratto degli Mru dalle loro terre, destinate a un centro di addestramento militare.

Durante la sua detenzione, Ranglai è stato torturato dai funzionari dell’esercito. Ricoverato in ospedale, i dottori scoprirono che aveva avuto un attacco di cuore ma venne rimandato in prigione senza un appropriato trattamento medico.

Lo scorso primo gennaio, circa due anni dopo il suo arresto, Ranglai è stato finalmente trasportato presso l’unità coronarica dell’ospedale di Dhaka. Le sue condizioni erano ormai divenute critiche. Durante il ricovero, è stato tenuto sempre incatenato, suscitando grandi proteste in tutto il Bangladesh.

Ranglai Mro è stato liberato dalle manette solo dopo la diffusione della notizia da parte di un quotidiano nazionale e l’intervento della Commissione Nazionale per i Diritti Umani del Bangladesh. I medici hanno dichiarato che le catene impedivano loro di prestargli le cure necessarie.

Numerose organizzazioni bengalesi e internazionali, tra cui Survival, hanno criticato l’arresto e le torture ai danni di Ranglai Mro.

I Mru sono una delle undici tribù Jumma delle Chittagong Hill Tracts. Il nuovo governo del Bangladesh, che ha ottenuto una schiacciante vittoria elettorale il 29 dicembre scorso, ha promesso di onorare l’accordo di pace stipulato nel 1997 con il popolo Jumma.

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