Paralimpiadi 2016: gli organizzatori accusano i popoli indigeni di “infanticidio, stupri e torture”

13 settembre 2016

Padre e figlio Suruwaha, Brasile. I missionari evangelici hanno rivolto alla tribù false accuse di infanticidio in diverse occasioni. © Adriana Huber/Survival

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Con un comunicato stampa ufficiale, gli organizzatori dei Giochi Paralimpici di Rio 2016 hanno accusato i popoli indigeni brasiliani di infanticidio, abusi sessuali, stupri, torture e altre “pericolose pratiche tradizionali”, suscitando sdegno tra i difensori dei diritti umani.

Gli organizzatori hanno anche appoggiato la “legge Muwaji”, una proposta legislativa promossa in Brasile dai missionari evangelici come espediente per lo smembramento delle famiglie indigene.

Citando il caso di Iganani Suruwaha, una ragazza indigena con una paralisi cerebrale, la cui madre lasciò la sua comunità per entrare in una missione evangelica, il comunicato stampa afferma che:

“Nell’agosto 2015, la Camera dei Deputati ha approvato la legge Muwaji, che mira a combattere le pratiche tradizionali pericolose nelle comunità indigene – come infanticidio o omicidio, abusi sessuali, stupri individuali o collettivi, schiavitù, tortura, abbandono di persone in difficoltà e violenza domestica”.

La legge Muwaji consente alle autorità di sottrarre i bambini indigeni alle loro famiglie e richiede a tutti i membri di una comunità di segnalare ogni donna incinta che si trovi in una “situazione a rischio”. La legge si applica a tutti, compresi i padri in attesa e gli altri membri della famiglia. Chiunque ometta di denunciare tale gravidanza, sia essa reale o semplicemente sospetta, commette un crimine per il quale rischia di essere perseguito.

Un giovane Suruwaha con il volto dipinto, Brasile. © Armando Soares Filho/FUNAI/Survival

In questo processo, la madre e il padre sembrano avere ben pochi diritti. La proposta di legge non permette loro di contestare in tribunale l’allontanamento iniziale del loro bambino o la decisione di darlo in adozione. Non dà loro diritto di sapere dove verrà portato, di avere alcuna informazione a riguardo o di mantenere una relazione con lui.

Nel corso di una conferenza sulla questione organizzata dall’UNICEF nel 2009, un indiano brasiliano ha affermato: “il progetto di legge è razzista perché non considera né fa alcuna menzione del fatto che i non-Indiani uccidono i loro figli molto più spesso. Se i Bianchi commettono questo crimine più frequentemente degli Indiani, perché viene proposta una legge contro gli indigeni? I Bianchi ci uccidono e non vengono arrestati. Ci troviamo di fronte a una legge razzista: i nostri assassini non sono incriminati da alcuna legge specifica, mentre noi lo siamo”.

Racconti esagerati sull’infanticidio e altre pratiche sono stati utilizzati per lungo tempo allo scopo di minare i diritti dei popoli indigeni, anche se questi fenomeni si verificano almeno con la stessa frequenza con cui si verificano nelle società industrializzate.

“Gli organizzatori di Rio 2016 sono riusciti a far passare gli indigeni come dei mostri disumani e crudeli, nello spirito del disprezzo colonialista del XIX secolo verso i “cattivi selvaggi”, ha commentato Stephen Corry, Direttore Generale di Survival International. “In realtà, i popoli indigeni sono descritti in questo modo semplicemente perché i loro stili di vita comunitari sono differenti. Ovviamente, alcuni indigeni sono a volte colpevoli di azioni brutali, ma non più di quanto non lo siano i non-indigeni. La legge Muwaji rappresenta un tentativo attentamente congeniato dai missionari fondamentalisti per diffamare gli indigeni descrivendoli come assassini di bambini, rendendo così più facile sottrarre loro i figli”.

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