Crescono i timori di sfratto dei Mursi

19 giugno 2006

Questa pagina è stata creata nel 2006 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

I Mursi, un popolo di pastori nomadi che vive nel Parco Nazionale Omo nell'Etiopia sud-occidentale, temono di venire sfrattati dalle loro terre ancestrali in nome della conservazione dell'ambiente. Se verranno trasferiti, perderanno terre preziose per il pascolo e l'agricoltura, da cui dipendono il loro sostentamento e la loro stessa identità.

La Fondazione dei Parchi Africani (APF), è un'organizzazione no-profit privata con sede in Olanda. Nel settembre 2005, l'APF ha firmato un accordo con il governo etiope per la gestione del Parco Nazionale Omo, dimora del popolo Mursi. Tuttavia, ha ripetutamente rifiutato di riconoscere e garantire i diritti alla terra dei Mursi, dichiarando di non poter "interferire" nelle politiche di un "governo sovrano".

Secondo l'antropologo David Turton, che lavora con i Mursi da oltre tre decenni, la tribù soffre da anni a causa della creazione di fattorie statali, di parchi nazionali e del rilascio di licenze di caccia per safari turistici all'interno della loro terra o ai confini con essa. Inoltre, poiché le risorse vitali sono controllate dagli stranieri, i loro bambini sono diventati progressivamente sempre più vulnerabili alla malnutrizione, alla morte e alle malattie.

Nel dicembre 2005, l'APF aveva dichiarato che non sarebbe stato possibile garantire i diritti alla terra dei Mursi perché il governo non avrebbe acconsentito e che, ad ogni modo, non sarebbe stato necessario poiché i diritti dei pastori alla loro terra sono già tutelati dalla costituzione etiope (articolo 40, comma 5). In pratica, tuttavia, tali diritti costituzionali vengono rispettati molto raramente, se non addirittura mai. In una lettera scritta, l'APF ha dichiarato: "non faremo accordi scritti con i popoli locali". Secondo il Dott. Turton, pertanto, "l'APF può dichiarare quanto gli pare e piace di non avere alcuna intenzione di sfrattare i popoli locali dalla loro terra ma, a meno che non sia disposta a stipulare accordi legalmente vincolanti a conferma delle sue dichiarazioni, non potrà aspettarsi che le sue affermazioni vengano prese sul serio".

L'APF non ha reso disponibili ai Mursi i contratti da lei stipulati con i governi federale e regionale, negando loro, di conseguenza, il diritto di cercare e ottenere una consulenza legale indipendente in merito a un accordo che avrà enormi ripercussioni sul loro futuro e quello dei loro figli; un accordo firmato senza che loro ne fossero a conoscenza e senza il loro previo consenso.

I Mursi non hanno mai ricevuto nemmeno una copia dei documenti che il governo chiese loro di firmare, usando l'impronta del pollice, quando vennero tracciati i confini del parco quale forma di accettazione dei confini stessi. Il processo con il quale si è arrivati alla demarcazione del parco ha violato le normative sul "previo consenso informato", ha violato gli accordi internazionali sui diritti dei popoli indigeni e ha dimostrato l'atteggiamento colonialista che il governo etiope adotta verso quelli che sono i suoi stessi cittadini. E l'APF ha chiuso un occhio su ognuna di queste violazioni.

Quando interrogata, l'APF risponde invariabilmente che tutte queste questioni cruciali per i Mursi saranno negoziate e che nei prossimi mesi verrà steso un "piano di gestione" del parco mediante consultazioni con i popoli locali. Ma come ha denunciato il Dott. Turton, "che tipo di 'negoziazione' potrà esserci se una parte ha tutto il potere politico e finanziario e l'altra non ha alcun diritto legalmente rivendicabile? Parlare di 'negoziazioni' in queste circostanze è assolutamente inutile. L'approccio 'fidatevi di noi: tutto verrà risolto con il piano di gestione' sembra, in pratica, un modo per assicurarsi che tutto il potere decisionale rimanga saldo nelle mani della fondazione. Ad ogni modo, è inverosimile pensare che i popoli locali possano essere soddisfatti di questo tipo di approccio".

I sostenitori dei Mursi stanno facendo pressione sull'APF affinché:

  • stipuli accordi legalmente vincolanti con ogni gruppo che vive nel parco o fa uso delle terre agricole o da pascolo al suo interno, garantendo il loro diritto a un sicuro sostentamento nei loro territori esistenti;
  • specifichi, per iscritto, i vantaggi sociali ed economici che ha intenzione di destinare alle comunità locali, predefinendo anche una percentuale dei proventi del turismo e dei safari;
  • renda liberamente disponibile alla popolazione locale il testo integrale di qualsiasi accordo sia stato o verrà stipulato con i governi federale e regionale;
  • fornisca alla popolazione locale una copia dei documenti che è stato chiesto loro di firmare durante il processo di demarcazione dei confini del parco.
Compiendo questi passi, l'APF aiuterebbe i gruppi che vivono all'interno o nei pressi del Parco Nazionale Omo ad emanciparsi e a poter realmente negoziare e partecipare ai processi decisionali che riguardano la gestione del parco. Emancipando la popolazione locale, l'APF cederebbe inevitabilmente parte del suo potere decisionale. Ma se crede veramente che "il sostegno dei Mursi e degli altri popoli locali sia fondamentale per gestire l'area nel modo più efficiente possibile", allora non ha altra scelta.

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