Sabato 15 settembre, Damiana ha guidato la sua comunità guarani alla rioccupazione della terra ancestrale. Joanna Eede racconta la sua tragica e commovente storia attraverso le fotografie di Paul Patrick Borhaug.

Damiana è in piedi sul ciglio di una strada brasiliana e inizia a cantare; in mano ha una maraca decorata di piume rosse e blu ricavata da una zucca. Per terra è pieno di spazzatura. Dietro di lei, una baracca fatta di ondulati e teli laceri. 

I camion sfrecciano veloci, il rumore sovrasta le sue invocazioni.

Damiana è in piedi sul ciglio di una strada brasiliana e inizia a cantare; in mano ha una maraca decorata di piume rosse e blu ricavata da una zucca. Per terra è pieno di spazzatura. Dietro di lei, una baracca fatta di ondulati e teli laceri.

I camion sfrecciano veloci, il rumore sovrasta le sue invocazioni.

© Fiona Watson/Survival

Damiana appartiene alla tribù dei Guarani-Kaiowá, uno dei primi popoli contattati dopo l’arrivo degli Europei in Sud America.

Damiana appartiene alla tribù dei Guarani-Kaiowá, uno dei primi popoli contattati dopo l’arrivo degli Europei in Sud America.

© Paul Enkelaar

Un tempo, i Guarani del Brasile occupavano un territorio di foreste e pianure grande circa 350.000 chilometri quadrati: cacciavano liberamente e nei loro orti coltivavano manioca e granoturco.

La terra è tutto per i Guarani: dà loro i mezzi di sostentamento, forgia i suoni della loro lingua, alimenta le loro visioni del mondo e la loro stessa identità. È il luogo di sepoltura degli antenati e l’eredità dei figli. Negli ultimi 100 anni, però, quasi tutta la loro foresta è stata rubata e trasformata in una vasta e arida distesa di allevamenti di bestiame, campi di soia e piantagioni di canna da zucchero.

Un tempo, i Guarani del Brasile occupavano un territorio di foreste e pianure grande circa 350.000 chilometri quadrati: cacciavano liberamente e nei loro orti coltivavano manioca e granoturco.

La terra è tutto per i Guarani: dà loro i mezzi di sostentamento, forgia i suoni della loro lingua, alimenta le loro visioni del mondo e la loro stessa identità. È il luogo di sepoltura degli antenati e l’eredità dei figli. Negli ultimi 100 anni, però, quasi tutta la loro foresta è stata rubata e trasformata in una vasta e arida distesa di allevamenti di bestiame, campi di soia e piantagioni di canna da zucchero.

© Survival

Dieci anni fa gli allevatori minacciarono Damiana e la sua famiglia, e la sfrattarono dalla sua terra ancestrale.

Da allora, la comunità di Apy Ka’y vive in squallide condizioni ai margini di una superstrada. Il 15 settembre 2013, tuttavia, la comunità ha condotto una coraggiosa _retomada_ sotto la guida di Damiana, ovvero la rioccupazione di una parte della terra ancestrale, fagocitata dalle piantagioni di canna da zucchero.

_Abbiamo deciso di rioccupare quella parte della nostra terra ancestrale dove c’è un pozzo di acqua potabile ed è rimasto un piccolo lembo di foresta_ spiega Damiana. _Di fronte alle minacce di morte, alla perdita dei nostri cari e a così tanta sofferenza e dolore, abbiamo deciso di rioccupare la nostra terra._

Dieci anni fa gli allevatori minacciarono Damiana e la sua famiglia, e la sfrattarono dalla sua terra ancestrale.

Da allora, la comunità di Apy Ka’y vive in squallide condizioni ai margini di una superstrada. Il 15 settembre 2013, tuttavia, la comunità ha condotto una coraggiosa retomada sotto la guida di Damiana, ovvero la rioccupazione di una parte della terra ancestrale, fagocitata dalle piantagioni di canna da zucchero.

Abbiamo deciso di rioccupare quella parte della nostra terra ancestrale dove c’è un pozzo di acqua potabile ed è rimasto un piccolo lembo di foresta spiega Damiana. Di fronte alle minacce di morte, alla perdita dei nostri cari e a così tanta sofferenza e dolore, abbiamo deciso di rioccupare la nostra terra.

© Survival

Per quanto riescono a ricordare, i Guarani sono sempre stati in cerca di un luogo rivelato loro dagli avi, in cui gli uomini vivono liberi dal dolore e dalla sofferenza. Lo chiamano “la terra senza il male”.

Ma qui – in un rosso fazzoletto di terra di nessuno, dove le mosche sciamavano al caldo delle baracche e l’acqua inquinata viene raccolta nelle bottiglie di plastica gettate via dalle auto di passaggio – non l’hanno certo trovato.

Per quanto riescono a ricordare, i Guarani sono sempre stati in cerca di un luogo rivelato loro dagli avi, in cui gli uomini vivono liberi dal dolore e dalla sofferenza. Lo chiamano “la terra senza il male”.

Ma qui – in un rosso fazzoletto di terra di nessuno, dove le mosche sciamavano al caldo delle baracche e l’acqua inquinata viene raccolta nelle bottiglie di plastica gettate via dalle auto di passaggio – non l’hanno certo trovato.

© Rodrigo Baleia/Survival

L’unica fonte d’acqua della comunità di Apy Ka’y è inquinata dai fertilizzanti utilizzati per la soia e le piantagioni di canna da zucchero.

_Quando pioveva, bevevamo acqua sporca, come i cani_ denuncia Damiana.

L’unica fonte d’acqua della comunità di Apy Ka’y è inquinata dai fertilizzanti utilizzati per la soia e le piantagioni di canna da zucchero.

Quando pioveva, bevevamo acqua sporca, come i cani denuncia Damiana.

© Paul Patrick Borhaug/Survival

Damiana ha perso il marito e tre figli, investiti e uccisi uno dopo l’altro sulla pericolosa strada che passava a pochi metri dalla sua capanna.

Sono sepolti insieme in un angolo della loro terra ancestrale, recintata e trasformata in una piantagione di canna da zucchero. 

Quando varca la recinzione per andare a pregare sulle loro tombe, Damiana corre un grande rischio.

Damiana ha perso il marito e tre figli, investiti e uccisi uno dopo l’altro sulla pericolosa strada che passava a pochi metri dalla sua capanna.

Sono sepolti insieme in un angolo della loro terra ancestrale, recintata e trasformata in una piantagione di canna da zucchero.

Quando varca la recinzione per andare a pregare sulle loro tombe, Damiana corre un grande rischio.

© Paul Patrick Borhaug/Survival

_Erano i miei tre guerrieri_ dice Damiana dei suoi figli investiti sulla strada.

Il luogo dove si trovano le loro tombe ha giocato un ruolo determinante nella decisione di Damiana di condurre la _retomada_. 

_Abbiamo deciso di ritornare nella terra dove sono sepolti i nostri figli_, ha detto.

Erano i miei tre guerrieri dice Damiana dei suoi figli investiti sulla strada.

Il luogo dove si trovano le loro tombe ha giocato un ruolo determinante nella decisione di Damiana di condurre la retomada.

Abbiamo deciso di ritornare nella terra dove sono sepolti i nostri figli, ha detto.

© Paul Patrick Borhaug/Survival

Nell’agosto 2013, l’accampamento di Apy Ka’y fu divorato dalle fiamme, che ridussero in cenere la sua casa e quei pochi beni che le rimanevano, costringendola alla fuga insieme al resto della comunità.

Sembra che l’incendio sia divampato nella piantagione di canna da zucchero di São Fernando che occupa la loro terra natale. Non è la prima volta che l’accampamento viene inghiottito dalle fiamme: nel settembre 2009 alcuni sicari armati avevano già dato fuoco alle case di Apy Ka’y e aggredito la comunità.

I Guarani dicono che il rosso che oggi colora la loro terra è quello del sangue versato dal loro popolo.

Nell’agosto 2013, l’accampamento di Apy Ka’y fu divorato dalle fiamme, che ridussero in cenere la sua casa e quei pochi beni che le rimanevano, costringendola alla fuga insieme al resto della comunità.

Sembra che l’incendio sia divampato nella piantagione di canna da zucchero di São Fernando che occupa la loro terra natale. Non è la prima volta che l’accampamento viene inghiottito dalle fiamme: nel settembre 2009 alcuni sicari armati avevano già dato fuoco alle case di Apy Ka’y e aggredito la comunità.

I Guarani dicono che il rosso che oggi colora la loro terra è quello del sangue versato dal loro popolo.

© Spensy Pimentel/Survival

All’origine della sofferenza dei Guarani ci sono la perdita e la distruzione delle loro terre.

Molti soffrono di disturbi psicologici. I numeri rivelano che, dall’inizio di questo secolo, si è suicidato in media almeno un Guarani alla settimana. Secondo il Ministero della Salute brasiliano, nel 2012 si sono suicidati 56 Guarani (le cifre reali sono probabilmente più alte perché non tutti i suicidi vengono denunciati). La maggior parte delle vittime ha un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, ma la più giovane di cui si ha notizia aveva solo 9 anni.

_I Guarani si suicidano perché non hanno più terra_ ha detto un uomo Guarani. _Un tempo eravamo liberi. Ora non lo siamo più._

_I nostri giovani pensano che non sia rimasto più nulla… Si siedono e pensano, si perdono, si lasciano vivere per un po’ e poi decidono di togliersi la vita._

All’origine della sofferenza dei Guarani ci sono la perdita e la distruzione delle loro terre.

Molti soffrono di disturbi psicologici. I numeri rivelano che, dall’inizio di questo secolo, si è suicidato in media almeno un Guarani alla settimana. Secondo il Ministero della Salute brasiliano, nel 2012 si sono suicidati 56 Guarani (le cifre reali sono probabilmente più alte perché non tutti i suicidi vengono denunciati). La maggior parte delle vittime ha un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, ma la più giovane di cui si ha notizia aveva solo 9 anni.

I Guarani si suicidano perché non hanno più terra ha detto un uomo Guarani. Un tempo eravamo liberi. Ora non lo siamo più.

I nostri giovani pensano che non sia rimasto più nulla… Si siedono e pensano, si perdono, si lasciano vivere per un po’ e poi decidono di togliersi la vita.

© Paul Patrick Borhaug/Survival

_Le tende, i vestiti, il cibo, le pentole, i materassi… è bruciato tutto!_ ha detto Damiana.

_Abbiamo perso tutto, ma non la speranza di ritornare alla nostra terra ancestrale._

Le tende, i vestiti, il cibo, le pentole, i materassi… è bruciato tutto! ha detto Damiana.

Abbiamo perso tutto, ma non la speranza di ritornare alla nostra terra ancestrale.

© Paul Patrick Borhaug/Survival

L’idea di una _retomada_ è stata a lungo l’unica consolazione e barlume di speranza di Damiana: il piccolo obiettivo confortante che l’ha sostenuta attraverso un girone dantesco fatto di sfratti brutali, paura, umiliazioni, lutti, malattia e depressione.

È certamente un’azione molto pericolosa: altri Guarani sono stati assassinati mentre cercavano di farlo. La sinistra presenza di alcuni _pistoleiro_ (sicari) in una jeep dai vetri oscurati parcheggiata vicino alla sua capanna ricorda a tutti il valore della terra in Brasile, e il prezzo che potrebbero pagare per le loro azioni. La sua comunità ha già ricevuto tre minacce di morte, e da quando hanno rioccupato l’area, qualcuno avrebbe già tentato di avvelenare la loro sorgente d’acqua.

L’idea di una retomada è stata a lungo l’unica consolazione e barlume di speranza di Damiana: il piccolo obiettivo confortante che l’ha sostenuta attraverso un girone dantesco fatto di sfratti brutali, paura, umiliazioni, lutti, malattia e depressione.

È certamente un’azione molto pericolosa: altri Guarani sono stati assassinati mentre cercavano di farlo. La sinistra presenza di alcuni pistoleiro (sicari) in una jeep dai vetri oscurati parcheggiata vicino alla sua capanna ricorda a tutti il valore della terra in Brasile, e il prezzo che potrebbero pagare per le loro azioni. La sua comunità ha già ricevuto tre minacce di morte, e da quando hanno rioccupato l’area, qualcuno avrebbe già tentato di avvelenare la loro sorgente d’acqua.

© Simon Rawles/Survival

A dividere la comunità di Apyka’y dalla piantagione di canna da zucchero che ha occupato le sue terre c’è solo un filo spinato sottile come la linea che separa il mondo interiore dei Guarani da quello naturale esterno.

La terra ancestrale è il pilastro della loro identità: vivere scollegati dalla terra è come vivere in purgatorio.

_Abbiamo deciso di combattere e morire per la nostra terra_ ha detto Damiana a proposito della _retomada_.

A dividere la comunità di Apyka’y dalla piantagione di canna da zucchero che ha occupato le sue terre c’è solo un filo spinato sottile come la linea che separa il mondo interiore dei Guarani da quello naturale esterno.

La terra ancestrale è il pilastro della loro identità: vivere scollegati dalla terra è come vivere in purgatorio.

Abbiamo deciso di combattere e morire per la nostra terra ha detto Damiana a proposito della retomada.

© Paul Patrick Borhaug/Survival

Survival International sta facendo pressione sulle autorità brasiliane affinché il territorio dei Guarani sia mappato al più presto.

Tra le tante iniziative intraprese, nel 2012 Survival ha persuaso il gigante petrolifero Shell a rinunciare al proposito di procurarsi canna da zucchero dalle terre rubate ai Guarani ed è riuscita a persuadere i giudici a sospendere un ordine di sfratto che minacciava la comunità di Laranjeira Ñanderu. 

_Non sorprende che i Guarani abbiano preso in mano la situazione_ ha commentato il direttore generale di Survival Stephen Corry. _Hanno un bisogno disperato di sostegno altrimenti è probabile che saranno sfrattati e attaccati ancora. "Aiutateci ad aiutarli!":http://www.survival.it/donazioni In questa dura battaglia per la giustizia e la vita non devono rimanere soli._

Survival International sta facendo pressione sulle autorità brasiliane affinché il territorio dei Guarani sia mappato al più presto.

Tra le tante iniziative intraprese, nel 2012 Survival ha persuaso il gigante petrolifero Shell a rinunciare al proposito di procurarsi canna da zucchero dalle terre rubate ai Guarani ed è riuscita a persuadere i giudici a sospendere un ordine di sfratto che minacciava la comunità di Laranjeira Ñanderu.

Non sorprende che i Guarani abbiano preso in mano la situazione ha commentato il direttore generale di Survival Stephen Corry. Hanno un bisogno disperato di sostegno altrimenti è probabile che saranno sfrattati e attaccati ancora. Aiutateci ad aiutarli! In questa dura battaglia per la giustizia e la vita non devono rimanere soli.

© Sarah Shenker/Survival

_Siamo rifugiati nella nostra stessa patria_. 

Damiana Cavanha.

Siamo rifugiati nella nostra stessa patria.

Damiana Cavanha.

© Fiona Watson/Survival

Altre gallerie fotografiche