Dai ghiacci artici fino alla foresta amazzonica, le immagini del calendario di Survival International ‘We, the people’ mostrano uno spaccato degli stili di vita straordinariamente diversi dei popoli indigeni e della cura che hanno per la Terra, e ne raccontano la resilienza e le lotte, anche attraverso i loro stessi occhi. Metà delle 13 fotografie, infatti, sono state scattate e donate a Survival da artisti essi stessi indigeni. Acquista subito la tua copia →

La copertina di “We, the People” 2022, il calendario di Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni.

Un ringraziamento speciale da parte di Survival va a tutti i fotografi che hanno reso possibile la realizzazione di questo splendido calendario.

"+Visita qui il Catalogo di Survival e acquista la tua copia+":https://catalogo.survival.it/collections/calendario-2022.

La copertina di “We, the People” 2022, il calendario di Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni.

Un ringraziamento speciale da parte di Survival va a tutti i fotografi che hanno reso possibile la realizzazione di questo splendido calendario.

Visita qui il Catalogo di Survival e acquista la tua copia.

© Survival International

Attivista guajajara, Terra Indígena Rio Pindaré, Brasile, 2019 - In Brasile, il Presidente Bolsonaro e i suoi alleati hanno dichiarato guerra ai popoli indigeni e vogliono aprire i loro territori ad attività minerarie, traffico di legname e allevamento. Il movimento indigeno e i suoi alleati, tra cui Survival International, stanno contrastando questi attacchi e lottano incessantemente per "+#StopBrazilGenocide+":https://www.survival.it/genocidiobrasile.

Attivista guajajara, Terra Indígena Rio Pindaré, Brasile, 2019 – In Brasile, il Presidente Bolsonaro e i suoi alleati hanno dichiarato guerra ai popoli indigeni e vogliono aprire i loro territori ad attività minerarie, traffico di legname e allevamento. Il movimento indigeno e i suoi alleati, tra cui Survival International, stanno contrastando questi attacchi e lottano incessantemente per #StopBrazilGenocide.

© Genilson Guajajara

ᐃᓄᙳᐊᖅ, Kuujjuaq, Canada, 2010 - Nel paesaggio Artico, si stagliano contro il cielo grandi sculture di pietra che gli Inuit chiamano inunnguaq and inukshuk. L’inunnguaq ha la forma di una persona, mentre l’inukshuk è più spesso una pila verticale di rocce e viene utilizzato per guidare la navigazione e la caccia, come punto di coordinamento, centro di raccolta di messaggi e deposito di cibo. Nella cultura inuit, hanno un significato e un ruolo spirituale importanti.

ᐃᓄᙳᐊᖅ, Kuujjuaq, Canada, 2010 – Nel paesaggio Artico, si stagliano contro il cielo grandi sculture di pietra che gli Inuit chiamano inunnguaq and inukshuk. L’inunnguaq ha la forma di una persona, mentre l’inukshuk è più spesso una pila verticale di rocce e viene utilizzato per guidare la navigazione e la caccia, come punto di coordinamento, centro di raccolta di messaggi e deposito di cibo. Nella cultura inuit, hanno un significato e un ruolo spirituale importanti.

© Guillaume Beaudoin

Ragazzo tibetano, Tibet, 2007 - Questa foto è stata scattata da Camille Seaman, di padre Nativo Americano e madre Afroamericana. “Non credo che il valore di una civiltà si misuri nell’altezza dei suoi edifici, ma piuttosto nel modo in cui il suo popolo ha imparato a relazionarsi con l’ambiente e con gli altri uomini." Sun Bear, Chippewa, USA.

Ragazzo tibetano, Tibet, 2007 – Questa foto è stata scattata da Camille Seaman, di padre Nativo Americano e madre Afroamericana. “Non credo che il valore di una civiltà si misuri nell’altezza dei suoi edifici, ma piuttosto nel modo in cui il suo popolo ha imparato a relazionarsi con l’ambiente e con gli altri uomini." Sun Bear, Chippewa, USA.

© Camille Seaman

Twila Cassadore con la nipote, San Carlos Apache, USA, 2017 - Gather, del regista Sanjay Rawal, è un ritratto intimo del crescente movimento indigeno che rivendica le proprie identità culturali attraverso i sistemi alimentari ancestrali – e intanto affronta il trauma storico di secoli di genocidio.

Twila Cassadore con la nipote, San Carlos Apache, USA, 2017 – Gather, del regista Sanjay Rawal, è un ritratto intimo del crescente movimento indigeno che rivendica le proprie identità culturali attraverso i sistemi alimentari ancestrali – e intanto affronta il trauma storico di secoli di genocidio.

© Gather / www.gather.film

Padre e figlio guajajara, Terra Indígena Carú, Brasile, 2020 - Nonostante i continui attacchi alle loro terre e alle loro vite, la resistenza dei popoli indigeni cresce in ogni continente. Lottano per vedersi restituire le terre da cui dipendono, così da poter decidere delle loro vite e determinare liberamente il proprio futuro. "+Hanno bisogno che persone da tutto il mondo si uniscano subito alla loro lotta per essere rispettati come uguali+":https://www.survival.it/intervieni/petizioni/76/firme/nuovo.

Padre e figlio guajajara, Terra Indígena Carú, Brasile, 2020 – Nonostante i continui attacchi alle loro terre e alle loro vite, la resistenza dei popoli indigeni cresce in ogni continente. Lottano per vedersi restituire le terre da cui dipendono, così da poter decidere delle loro vite e determinare liberamente il proprio futuro. Hanno bisogno che persone da tutto il mondo si uniscano subito alla loro lotta per essere rispettati come uguali.

© Genilson Guajajara

Madre e figlia aymara, Bolivia, 2018 - Ogni società indigena è unica. Molte venerano il legame tra uomo e natura, e credono fermamente che, affinché la natura possa sopravvivere, occorra adottare approcci che si prendano cura del pianeta nel lungo termine. Le prospettive dei popoli indigeni sono contemporaneamente moderne e senza tempo: se venissero sterminate, a essere penalizzata sarebbe l’intera umanità.

Madre e figlia aymara, Bolivia, 2018 – Ogni società indigena è unica. Molte venerano il legame tra uomo e natura, e credono fermamente che, affinché la natura possa sopravvivere, occorra adottare approcci che si prendano cura del pianeta nel lungo termine. Le prospettive dei popoli indigeni sono contemporaneamente moderne e senza tempo: se venissero sterminate, a essere penalizzata sarebbe l’intera umanità.

© Sara Aliaga Ticona

Kubeí Kisedje dipinto da una donna kayapo, villaggio Pykararakre, Brasile, 2017 - I popoli indigeni sono nostri contemporanei. Non sono “primitivi” nè “destinati a scomparire”, come qualcuno talvolta afferma. Proprio come ogni altra società umana, anche le loro evolvono costantemente. Semplicemente, scelgono – e hanno il diritto di farlo! – come vivere e come adattarsi a un mondo in continuo cambiamento.

Kubeí Kisedje dipinto da una donna kayapo, villaggio Pykararakre, Brasile, 2017 – I popoli indigeni sono nostri contemporanei. Non sono “primitivi” nè “destinati a scomparire”, come qualcuno talvolta afferma. Proprio come ogni altra società umana, anche le loro evolvono costantemente. Semplicemente, scelgono – e hanno il diritto di farlo! – come vivere e come adattarsi a un mondo in continuo cambiamento.

© Kamikia Kisedje

Donna batek, Malesia, 2019 - Il traffico di legname e le piantagioni di palma da olio hanno distrutto gran parte della foresta dei Batek. Il governo malese sostiene di tagliare il legno in modo sostenibile, ma raramente è così. I popoli indigeni hanno una conoscenza unica dei loro ambienti e sono i migliori custodi della natura. Se vogliamo salvare la foresta pluviale, dobbiamo lottare affinché resti nelle mani dei popoli indigeni.

Donna batek, Malesia, 2019 – Il traffico di legname e le piantagioni di palma da olio hanno distrutto gran parte della foresta dei Batek. Il governo malese sostiene di tagliare il legno in modo sostenibile, ma raramente è così. I popoli indigeni hanno una conoscenza unica dei loro ambienti e sono i migliori custodi della natura. Se vogliamo salvare la foresta pluviale, dobbiamo lottare affinché resti nelle mani dei popoli indigeni.

© James Whitlow Delano

Susi Korihana thëri, bambina yanomami, Brasile, 1972>1974 - Negli anni ’70 e ’80, le iconiche fotografie di Claudia Andujar (1931) giocarono un ruolo cruciale nel far conoscere al mondo intero la difficile situazione degli Yanomami del Brasile e nel richiamare l’attenzione sulla campagna internazionale che poi portò al riconoscimento legale del loro territorio. Oggi la "+lotta degli Yanomami continua+":https://www.survival.it/notizie/12670: 20.000 cercatori d’oro illegali occupano la terra indigena inquinando i fiumi, distruggendo la foresta e diffondendo violenze e malattie come il Covid-19.

Susi Korihana thëri, bambina yanomami, Brasile, 1972>1974 – Negli anni ’70 e ’80, le iconiche fotografie di Claudia Andujar (1931) giocarono un ruolo cruciale nel far conoscere al mondo intero la difficile situazione degli Yanomami del Brasile e nel richiamare l’attenzione sulla campagna internazionale che poi portò al riconoscimento legale del loro territorio. Oggi la lotta degli Yanomami continua: 20.000 cercatori d’oro illegali occupano la terra indigena inquinando i fiumi, distruggendo la foresta e diffondendo violenze e malattie come il Covid-19.

© Claudia Andujar

Bayaka, Repubblica Centrafricana, 2015 - “Siamo i figli della foresta”. Pochi popoli sulla Terra hanno una relazione con la foresta tanto stretta quanto quella dei popoli del Bacino del Congo. Sono i migliori conservazionisti. Eppure vengono sfrattati, torturati e uccisi nel "+nome della conservazione+":https://www.survival.it/conservazione. I territori dei popoli indigeni custodiscono l’80% della biodiversità del mondo e difendere i loro diritti è il modo più efficace per proteggerla.

Bayaka, Repubblica Centrafricana, 2015 – “Siamo i figli della foresta”. Pochi popoli sulla Terra hanno una relazione con la foresta tanto stretta quanto quella dei popoli del Bacino del Congo. Sono i migliori conservazionisti. Eppure vengono sfrattati, torturati e uccisi nel nome della conservazione. I territori dei popoli indigeni custodiscono l’80% della biodiversità del mondo e difendere i loro diritti è il modo più efficace per proteggerla.

© Nicolás Marino

Aborigeni, Australia, 2011 - “I nostri antenati danzavano le storie dei loro antenati, noi danziamo le storie per le generazioni future.” La spiritualità scorre in molti aspetti della vita dei popoli indigeni, e la danza è spesso un’espressione vibrante e rituale delle loro credenze. I popoli indigeni difendono i loro peculiari modi di vivere con la terra contro l’imposizione forzata delle monoculture globali.

Aborigeni, Australia, 2011 – “I nostri antenati danzavano le storie dei loro antenati, noi danziamo le storie per le generazioni future.” La spiritualità scorre in molti aspetti della vita dei popoli indigeni, e la danza è spesso un’espressione vibrante e rituale delle loro credenze. I popoli indigeni difendono i loro peculiari modi di vivere con la terra contro l’imposizione forzata delle monoculture globali.

© Wayne Quilliam

Ayoreo Totobiegosode, Paraguay, 2013 - La foresta degli Ayoreo viene distrutta a uno dei ritmi di deforestazione più alti al mondo. Gran parte della loro terra è stata rubata e venduta agli allevatori di bestiame, costringendo l’ultimo gruppo di Ayoreo incontattati a vivere in fuga costante dai bulldozer che distruggono la loro foresta. "+Gli Ayoreo lottano perché i loro diritti territoriali siano riconosciuti e i loro parenti incontattati protetti+":https://www.survival.it/email/ayoreo-py-cidh.

Ayoreo Totobiegosode, Paraguay, 2013 – La foresta degli Ayoreo viene distrutta a uno dei ritmi di deforestazione più alti al mondo. Gran parte della loro terra è stata rubata e venduta agli allevatori di bestiame, costringendo l’ultimo gruppo di Ayoreo incontattati a vivere in fuga costante dai bulldozer che distruggono la loro foresta. Gli Ayoreo lottano perché i loro diritti territoriali siano riconosciuti e i loro parenti incontattati protetti.

© Gerald Henzinger

Bambini nenet, Russia, 2018 - In inverno, le temperature possono scendere a -50° e i Nenet usano la pelle di renna per fabbricarsi vestiti caldi. Gli uomini nenet indossano la ‘malitsa’, fatta con circa 4 pelli di renna, mentre le donne indossano la ‘yagushka’, che ne richiede invece 8. Entrambi usano stivali in pelle di renna alti fino ai fianchi e imbottiti con erba carice per assicurarsi il massimo del calore. Per i Nenet, le renne sono vita.

Bambini nenet, Russia, 2018 – In inverno, le temperature possono scendere a -50° e i Nenet usano la pelle di renna per fabbricarsi vestiti caldi. Gli uomini nenet indossano la ‘malitsa’, fatta con circa 4 pelli di renna, mentre le donne indossano la ‘yagushka’, che ne richiede invece 8. Entrambi usano stivali in pelle di renna alti fino ai fianchi e imbottiti con erba carice per assicurarsi il massimo del calore. Per i Nenet, le renne sono vita.

© Lee Kearns

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