Cambiamenti climatici

Questa pagina è stata creata nel 2013 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

© Lafforgue/Survival International
 
I popoli indigeni si trovano in prima linea sul fronte dei cambiamenti climatici.

Vivono in luoghi dove l’impatto dei cambiamenti climatici è maggiore, e dipendono in gran parte dall’ambiente naturale per i loro mezzi di sostentamento e i loro stili di vita.

I popoli indigeni sono più vulnerabili degli altri ai cambiamenti climatici, ma sono paradossalmente anche coloro che hanno contribuito di meno ad alimentarli.

Molti dei fattori trainanti del cambiamento climatico – tra cui petrolio, gas, attività minerarie e deforestazione – hanno già distrutto tante terre indigene.

Ma a minacciare le terre e le vite dei popoli indigeni sono persino molte delle cosiddette “soluzioni” proposte per contrastare i cambiamenti climatici. Spesso, i progetti di compensazione delle emissioni di carbonio, ora ribattezzati “Soluzioni Basate sulla Natura” (NBS), violano i diritti dei popoli indigeni e facilitano il furto, lo sfruttamento e la distruzione delle loro terre da parte di governi, compagnie, grandi organizzazioni della conservazione e altri attori – e oltretutto non fanno nulla per ridurre le emissioni di carbonio! I progetti di compensazione NBS sono colonialismo del carbonio e non fermeranno la crisi climatica.

Survival International è in prima linea nella lotta contro soluzioni ai cambiamenti climatici false e fuorvianti, che violano i diritti dei popoli indigeni e consentono alle multinazionali di “ripulire" la loro immagine senza fare in realtà niente per fermare la crisi climatica. 

I popoli indigeni sono i migliori custodi del mondo naturale e le prove dimostrano che, quando ne hanno il controllo, i loro territori costituiscono la miglior barriera alla deforestazione. I popoli indigeni hanno conoscenze uniche dei loro ambienti – di cui sono presi cura per generazioni. Devono quindi essere i partner principali nella lotta contro la crisi climatica e ambientale.

I paesi ricchi hanno bruciato e distrutto molti chilometri di foresta amazzonica. Se abbattete i grandi alberi e date la foresta alle fiamme, la terra si inaridirà. Il mondo deve ascoltare il pianto della Terra, che sta chiedendo aiuto.
Yanomami, Brasile

Contro cosa lottiamo?

Survival lotta contro i diffusi sforzi di greenwashing compiuti da multinazionali avide e dall’industria della conservazione: anziché concentrarsi sulla riduzione delle emissioni dei combustibili fossili e sul problema del sovraconsumo e dello sfruttamento delle risorse naturali per profitto, esse violano i diritti indigeni e li derubano delle loro terre per mantenere lo status quo. In Indonesia ci stiamo opponendo all'estrazione di nichel destinato alle batterie delle auto elettriche perchè distruggerà le terre e le vite degli Hongana Manyawa incontattati. E stiamo conducendo una campagna contro un progetto di Carbonio Insanguinato nel nord del Kenya, che sta generando profitti per le ONG di conservazione e consente alle aziende inquinanti di continuare a inquinare mentre deruba numerose comunità pastorali delle loro terre e attacca i loro stili di vita.

Soluzioni Basate sulla Natura

Questa espressione tende a riferirsi all’uso di meccanismi come la piantumazione di alberi, il ripristino di habitat e la conservazione di foreste per assorbire CO2 atmosferica e adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici. Potrebbe sembrare una cosa buona, ma in concreto significa:

  • “Conservazione fortezza”
    Nel nome della “conservazione” i popoli indigeni vengono sfrattati illegalmente dalle loro terre ancestrali per creare parchi nazionali e altre Aree Protette che, ora si dice, dovrebbero mitigare i cambiamenti climatici. Si afferma che le Aree Protette possono “proteggere” dalla deforestazione e da altre attività che rilasciano carbonio, e che pertanto possono “compensare” emissioni prodotte altrove. In pratica, ciò significa poter usare le Aree Protette per generare crediti di carbonio che aziende inquinanti, governi e individui possono acquistare sul mercato per “compensare” le loro emissioni. Nel frattempo, in quelle stesse aree, i popoli indigeni vengono incolpati di una distruzione ambientale che non hanno prodotto. Sono accusati di “bracconaggio” se cacciare per nutrirsi e di “sovrapascolo” quando invece allevano i loro animali in modo sostenibile. I guardaparco li arrestano, picchiano, torturano e uccidono nei loro stessi territori, mentre turisti e cacciatori di trofei paganti sono incoraggiati ad entrare in quelle stesse aree. 

    Grandi organizzazioni per la conservazione, come il WWF, hanno fatto pressione per trasformare il 30% del Pianeta in Aree Protette entro il 2030 sostenendo che questa misura aiuterà a mitigare i cambiamenti climatici e a proteggere la biodiversità. Ma quelle stesse Ong collaborano con compagnie del taglio del legno e aziende responsabili di ingenti emissioni di carbonio e danni ambientali. La proposta del 30% è stata accolta dai governi alla COP15 di Montreal – e sarà il più grande furto di terra della storia.

    Se davvero implementata, avrà conseguenze terribili per il nostro ambiente e per i popoli indigeni. Ruberà le terre a chi è più capace di proteggerle, e distoglierà l’attenzione dalle cause profonde della distruzione ambientale. Molte aree protette promuovono il turismo di massa, e spesso ospitano safari di caccia sportiva, disboscamento e attività minerarie. Approfondisci e partecipa alla nostra campagna per #DecolonizeConservation.
  • Altri progetti per la compensazione di carbonio

    Il principio su cui si basano i progetti di “compensazione” è quello che imprese e governi responsabili di una certa quantità di emissioni di diossido di carbonio possano finanziare in qualsiasi altra parte del mondo, dei progetti volti a “catturare” (e quindi compensare) la stessa quantità di carbonio da loro prodotta o prevenirne il rilascio. E possono farlo acquistando “compensazioni” (crediti) nei relativi mercati del carbonio. L’uso di questi termini induce a pensare che sia possibile “compensare” le emissioni nonostante i problemi tecnici e scientifici siano molti. Inoltre, in questo modo, i veri inquinatori possono ripulire la propria immagine (greenwashing) senza dover ridurre le proprie emissioni – e anzi continuando a inquinare.

    Al momento, si possono effettuare queste compensazioni principalmente in due modi diversi, entrambi inefficaci e pericolosi per i popoli indigeni. Ed entrambi sottraggono fondi alle iniziative volte a ridurre le emissioni dei combustibili fossili.

    I progetti REDD+ (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation in developing countries), che dovrebbero proteggere le foreste dalla deforestazione, producono “crediti” di carbonio che le società e i governi possono acquistare per “compensare” le loro emissioni. Più volte i popoli indigeni hanno espresso preoccupazione sui REDD+, che in sostanza mettono il cartellino del prezzo sulle loro terre e sulle loro foreste innescando con ogni probabilità ulteriori furti di terra. Molte delle foreste del pianeta conteggiate negli schemi REDD+ sono terre di popoli indigeni o di altre popolazioni locali. Questi progetti sottraggono le terre al loro controllo, minando così i loro stili di vita.

    Un altro modo per “catturare” significative quantità di carbonio è la piantumazione di alberi. Ma molti progetti di compensazione seminano monocolture arboree a crescita rapida, come eucalipto e acacia, per trarne profitti economici. Molte di queste piantagioni vengono abbattute pochi anni dopo per ricavarne prodotti come carta e carbone, che restituiscono rapidamente all’atmosfera tutto il carbonio catturato. Inoltre, molte delle nuove piantagioni sono più soggette agli incendi, e avrebbero in ogni caso bisogno di crescere per decenni prima di iniziare ad assorbire una parte significativa di carbonio. Infine – e questo è forse il problema principale – sostituire gli ecosistemi preesistenti, come le praterie, con schemi di piantumazione di alberi distrugge la biodiversità locale presente e devasta i mezzi di sostentamento dei popoli indigeni e locali, che per la propria sopravvivenza dipendono dalle risorse naturali del territorio.

    Per ulteriori informazioni, leggi la nostra guida per decolonizzare il linguaggio nella conservazione.

Abbiamo visto l’esperienza dei popoli indigeni che hanno accettato il REDD, i suoi crediti di carbonio e i suoi progetti di conservazione. Non possono più cacciare, coltivare la terra o usare materiali necessari per le celebrazioni e i rituali. Noi sappiamo come prenderci cura della natura perché è nostra madre, e non vogliamo un altro accordo sul credito del carbonio perché è solo un altro modo per rimuoverci dalle nostre terre sacre.
Kayapo, Brasile

Survival lotta per metter fine ai progetti di compensazione di carbonio all’interno delle Aree Protette dove i diritti dei popoli indigeni vengono violati. Per sapere di più, visita la nostra pagina Carbonio Insanguinato.

Batterie per auto elettriche

In tutto il mondo, governi e aziende automobilistiche stanno promuovendo i veicoli elettrici come alternativa “etica” alle automobili convenzionali e come tecnologia cruciale per ridurre il consumo di petrolio e combattere i cambiamenti climatici. Ma la corsa alla “transizione verde” può comportare ulteriori accaparramenti di terra indigena.

In Indonesia, la corsa al nichel rischia di sterminare un popolo incontattato. Gli Hongana Manyawa incontattati sono già in fuga dai siti di estrazione del nichel che distruggono le loro terre ancestrali e danneggiano i loro fiumi. 

Il progetto è parte di un più ampio programma del governo indonesiano che mira a diventare uno dei maggiori produttori di batterie per auto elettriche estraendo e fondendo nichel e altri minerali. Sebbene non abbiano contribuito in alcun modo ai cambiamenti climatici, gli Hongana Manyawa incontattati ora rischiano di essere sterminati dal passaggio alle auto elettriche del mondo industrializzato.

Per cosa lottiamo?

Le soluzioni ai cambiamenti climatici e ai problemi ambientali devono rispettare la diversità umana e i diritti dei popoli indigeni. Inoltre, queste soluzioni devono essere anti-razziste, anti-coloniali e radicate nella giustizia. Inoltre, devono affrontare le vere cause della distruzione ambientale: lo sfruttamento delle risorse naturali per profitto e il crescente sovraconsumo trainati dal Nord Globale.

Tale approccio implica che i governi rispettino, proteggano e garantiscano i diritti dei popoli indigeni, inclusi i loro diritti territoriali. Questo è certamente il modo più efficace e giusto di proteggere la biodiversità. Sappiamo che queste soluzioni non sono semplici da implementare, ma sono concrete e funzionano.

I popoli indigeni sono i migliori conservazionisti: i loro territori proteggono l’80% della biodiversità mondiale e sono un baluardo contro la deforestazione.

I popoli indigeni e i loro diritti devono essere al centro dell’azione per il clima e l’ambiente. È ora di  decolonizzare la conservazione, di riconoscere i diritti territoriali dei popoli indigeni, di smetterla di nascondersi dietro false soluzioni e cominciare ad affrontare le vere cause della crisi ambientale.

Al momento, abbiamo il dono della biodiversità, ma se lo perderemo, non perderemo solo animali e piante: soffriremo anche noi umani allo stesso modo. Posso dirvi che qui ci sono fiumi che si stanno prosciugando e non è mai successo prima. Oggi non possiamo più mangiare i manghi selvatici come eravamo soliti fare durante la stagione secca, perché non crescono più come prima. E questi sono solo alcuni dei cambiamenti in corso causati dalla distruzione della foresta.
Baka, Camerun

© Nicolas Marino

È tempo di ascoltare

"Possiamo contrastare il cambiamento climatico solo lottando insieme"
"Il cambiamento climatico è adesso!"
- "Secondo noi, i popoli indigeni, il problema principale è la mercificazione della natura"
"La NRT sta facendo cose sbagliate, ingiuste per la nostra gente"
- "Vai a dirgli che non vogliamo dar via la nostra foresta"

Altre informazioni

- Guida per decolonizzare il linguaggio nella conservazione
I parchi hanno bisogno dei popoli
- New Deal for Nature: pagare l’imperatore per recintare il vento
- Obiettivo del 30% e Soluzioni Basate sulla Natura: il nuovo imperativo coloniale verde
- Perché le Soluzioni Basate sulla Natura non risolveranno la crisi climatica e faranno solo diventare più ricche le persone che già lo sono 

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