BACKGROUND

Cambiamenti climatici

Dobbiamo portare i popoli indigeni al centro del movimento per l’ambiente e il clima

Questa pagina è stata creata nel 2013 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

Tra i popoli che sono già stati colpiti maggiormente dai cambiamenti climatici ci sono i popoli indigeni dell’Artico.
© C. Sarmik/ Survival 2014

I popoli indigeni e tribali si trovano sulla prima linea del fronte dei cambiamenti climatici.
Ne soffrono già le conseguenze, ma le loro voci vengono ridotte al silenzio o marginalizzate.
Vivono in luoghi ove l’impatto dei cambiamenti climatici è tendenzialmente maggiore, e dipendono in gran parte dall’ambiente naturale per i loro mezzi di sostentamento e i loro stili di vita.
I popoli indigeni sono più vulnerabili degli altri ai cambiamenti climatici, ma sono paradossalmente anche coloro che hanno contribuito di meno ad alimentarli.
Molti dei fattori trainanti del cambiamento climatico – tra cui petrolio, gas, attività minerarie e deforestazione – hanno già distrutto le terre indigene. Ma a minacciare le terre e le vite dei popoli indigeni sono persino alcune delle “soluzioni” proposte per contrastare il cambiamento climatico. “Misure di mitigazione” come quelle chiamate “soluzioni naturali ai cambiamenti climatici”, minacciano di violare i loro diritti e di facilitare il furto, lo sfruttamento e la distruzione delle loro terre da parte di governi, compagnie e grandi organizzazioni della conservazione.

I popoli indigeni devono essere i partner principali nella lotta ai cambiamenti climatici e i loro diritti territoriali devono essere riconosciuti. Sono i migliori custodi del mondo naturale e le prove dimostrano che i loro territori costituiscono la miglior barriera alla deforestazione. I popoli indigeni hanno conoscenze uniche dei loro ambienti.
 
 
“Nel nostro paese, i cambiamenti climatici sono iniziati. I paesi ricchi hanno bruciato e distrutto molti chilometri di foresta amazzonica. Se abbattete i grandi alberi e date la foresta alle fiamme, la terra si inaridirà. Il mondo deve ascoltare il pianto della Terra, che sta chiedendo aiuto.”
Yanomami, Brasile

Cosa è il cambiamento climatico?

Per cambiamento climatico si intende l’aumento medio della temperatura terrestre prodotto dalle emissioni di gas serra generate dall’uomo. Deriva in gran parte dalla combustione di combustibili fossili, ma anche dalla deforestazione, che causa circa il 10% delle emissioni. Le foreste, infatti, fungono da “serbatoi” che assorbono e conservano il carbonio, che viene però rilasciato se le foreste bruciano.
Sebbene siano le società industrializzate a provocare i cambiamenti climatici, molte delle soluzioni proposte per mitigarli accollano ai popoli indigeni il prezzo da pagare per la distruzione che “noi” stiamo causando. Queste presunte soluzioni vengono decise e imposte senza il consenso dei popoli indigeni. E non serviranno a nulla. Un programma chiamato Riduzione delle Emissioni da Deforestazione e Degrado delle foreste” (REDD+) ha già dato problemi a molte comunità, ma non ha fatto nulla per prevenire il cambiamento climatico. Oggi, molte organizzazioni per la conservazione vogliono aumentare enormemente la quantità di terra da porre sotto stretta protezione della natura. I primi abitanti di quelle terre saranno cacciati via, ma questo non fermerà il degrado della biodiversità nè il cambiamento climatico.

Contro cosa lottiamo?

False soluzioni al cambiamento climatico.

“Conservazione fortezza”

Le prove dimostrano che i popoli indigeni comprendono e gestiscono il loro ambiente meglio di chiunque altro. L’80% della biodiversità terrestre si trova nei territori indigeni, e quando i loro diritti territoriali sono garantiti, gli indigeni ottengono risultati di conservazione pari o superiori a quelli delle alternative, e a una frazione del loro costo.

Ciò nonostante, nel nome della “conservazione” i popoli indigeni vengono sfrattati illegalmente dalle loro terre ancestrali per creare parchi nazionali e altre aree protette che dovrebbero mitigare i cambiamenti climatici. I popoli locali sono accusati di “bracconaggio” anche se si limitano a cacciare per nutrirsi. Subiscono arresti, pestaggi, torture e morte nei loro stessi territori, mentre si aprono le porte ai cacciatori di trofei paganti. Ai popoli locali viene data la responsabilità di un declino della fauna selvatica che non hanno causato loro.

Grandi organizzazioni per la conservazione, come il WWF, stanno facendo pressione per raddoppiare le aree protette nel mondo in modo da coprire il 30% della superficie del pianeta. Ma quelle stesse Ong collaborano con compagnie del taglio del legno e aziende responsabili di ingenti emissioni di carbonio.
Questa idea, chiamata “New deal for nature”, avrà conseguenze terribili per il nostro ambiente e per i popoli indigeni. Ruberà le terre a chi è più capace di proteggerle, e distoglierà l’attenzione dalle cause profonde della distruzione ambientale. Molte aree protette promuovono il turismo di massa, e spesso ospitano safari di caccia sportiva, disboscamento e attività minerarie.

Per ulteriori informazioni unisciti alla nostra campagna per #DecolonizeConservation

I Progetti per la compensazione del carbonio

Il principio su cui si basano i progetti di “compensazione” è quello che imprese e governi responsabili di una certa quantità di emissioni di diossido di carbonio, possano finanziare dei progetti in qualsiasi parte del mondo volti a “catturare” (e quindi compensare) la stessa quantità di carbonio da loro prodotta. In questo modo, i veri inquinatori possono ripulire la propria immagine senza ridurre le proprie emissioni. 

Si possono effettuare queste compensazioni principalmente in due modi diversi, entrambi inefficaci e pericolosi per i popoli indigeni. Ed entrambi sottraggono fondi alle iniziative volte a ridurre le emissioni dei combustibili fossili.

I progetti REDD+, che dovrebbero proteggere le foreste dalla deforestazione, producono “crediti” di carbonio che le società e i governi possono comprare per “compensare” le loro emissioni di carbonio. Più volte i popoli indigeni hanno espresso preoccupazione sui REDD, che in sostanza mettono il cartellino del prezzo sulle loro terre e sulle loro foreste innescando con ogni probabilità ulteriori furti di terra. Molte delle foreste del pianeta conteggiate negli schemi REDD sono terre di popoli indigeni o di altre popolazioni locali. Questi progetti minano i loro stili di vita.

Un altro modo per “catturare” significative quantità di carbonio sono le cosiddette “soluzioni climatiche naturali”, come la piantumazione di alberi. Ma molti di questi progetti di compensazione seminano colture arboree a crescita rapida, come eucalipto e acacia, per trarne profitti economici. In verità, questo sistema può addirittura aumentare le emissioni di carbonio anziché ridurle: la vegetazione esistente deve essere eliminata e le nuove piantagioni sono più soggette agli incendi. Molte di queste piantagioni vengono abbattute pochi anni dopo per ricavarne prodotti come carta e carbone, che restituiscono rapidamente all’atmosfera tutto il carbonio catturato. Molte piantagioni avrebbero inoltre bisogno di crescere per decenni prima di iniziare ad assorbire una parte significativa di carbonio. Le monoculture su larga scala quindi distruggono la biodiversità e le terre dei popoli indigeni.
 
“Abbiamo visto l’esperienza dei popoli indigeni che hanno accettato il REDD, i suoi crediti di carbonio e i suoi progetti di conservazione. Non possono più cacciare, coltivare la terra o usare materiali necessari per le celebrazioni e i rituali. Noi sappiamo come prenderci cura della natura perché è nostra madre, e non vogliamo un altro accordo sul credito del carbonio perché è solo un altro modo per rimuoverci dalle nostre terre sacre.” 
Kayapo, Brasile

Per cosa lottiamo?


Dobbiamo decolonizzare il movimento ambientalista e dare spazio alle esperienze, alle voci e alle opinioni dei popoli più marginalizzati e vulnerabili del mondo. I popoli indigeni vivono e gestiscono i luoghi più biodiversi del pianeta da generazioni.
Dobbiamo portare la diversità umana al centro dell’azione climatica perché sono proprio coloro che vivono in modo più diverso da noi a darci alcune delle migliori risposte sul come si dovrebbe vivere.
Dobbiamo fermare il furto di terra che viene promosso nel nome della conservazione o del cambiamento climatico.
È una questione della massima urgenza. Per i popoli indigeni, per la natura, per tutta l’umanità.

“Al momento, abbiamo il dono della biodiversità, ma se lo perderemo, non perderemo solo animali e piante: soffriremo anche noi umani allo stesso modo. Posso dirvi che qui ci sono fiumi che si stanno prosciugando e non è mai successo prima. Oggi non possiamo più mangiare i manghi selvatici come eravamo soliti fare durante la stagione secca, perché non crescono più come prima. E questi sono solo alcuni dei cambiamenti in corso causati dalla distruzione della foresta.”
Baka, Camerun

È tempo di ascoltare

Possiamo contrastare il cambiamento climatico solo lottando insieme 
Il cambiamento climatico è adesso!

Altre informazioni

I parchi hanno bisogno dei popoli

Iscriviti alla newsletter

La nostra straordinaria rete di sostenitori e attivisti ha giocato un ruolo fondamentale in tutte le conquiste degli ultimi 50 anni. Iscriviti subito per ricevere aggiornamenti e partecipare alle azioni urgenti.


Condividere

  • Facebook
  • WhatsApp
  • Copy