Domande frequenti su Baka, African Parks e la campagna di Survival

Donne Baka nei pressi del Parco Nazionale Odzala-Kokoua. Non possono più entrare nella loro foresta per procurarsi il cibo o le piante medicinali, il che danneggia sia i Baka sia la foresta. Subiscono anche violenze da parte dei ranger di African Parks. © Survival

Chi sono i Baka e cosa sta succedendo?

I Baka sono cacciatori raccoglitori e da generazioni vivono, proteggono e modellano la foresta pluviale del bacino del Congo. Ciò nonostante, subiscono abusi dei diritti umani nel nome della conservazione.

Per i Baka, la creazione delle cosiddette “Aree Protette” nelle loro terre ancestrali non ha comportato altro che violenza, furti di terra, espropri e fame – dai tempi della colonizzazione fino ad oggi. Tra queste aree figura anche il Parco Nazionale Odzala-Kokoua, gestito da African Parks, e il Messok Dja, in fase di creazione da parte del WWF, entrambi nella Repubblica del Congo. Una volta derubati della loro terra, i loro stili di vita sostenibili vengono criminalizzati. I guardaparco, finanziati ed equipaggiati da grandi organizzazioni della conservazione (come WWF e African Parks), li sottopongono a persecuzioni, stupri, pestaggi, torture e persino alla morte, semplicemente per aver tentato di accedere alla loro terra e di provvedere alle proprie famiglie.

Da quanto tempo Survival lavora con i Baka e sul caso Odzala-Kokoua?

 

Survival indaga sin dagli anni '80 sulla distruzione dei Baka e di altri popoli indigeni del bacino del Congo condotta nel nome della conservazione. 

Survival ha espresso direttamente le proprie preoccupazioni ad African Parks per più di dieci anni: abbiamo sollevato preoccupazioni sui diritti umani prima con il gestore del parco Odzala nel 2013, e poi con il "community manager" Odzala di African Parks nel 2014. Nel 2017 abbiamo pubblicato un rapporto di 120 pagine dal titolo “How Will We Survive: The Destruction of Congo Basin Tribes in the Name of Conservation”, in cui abbiamo denunciato gli abusi commessi dai ranger di African Parks.

Cosa pensa Survival della risposta di African Parks alle denunce di violazioni dei diritti umani?

Da quando Survival ha parlato per la prima volta ad African Parks in merito agli abusi, African Parks ha alternato silenzi, smentite, tentativi di attribuire la colpa ad alcune isolate “mele marce”, tentativi di scaricare responsabilità su Survival sostenendo che spetta a noi fornire maggiori dettagli sulle singole vittime. Più recentemente, ha dichiarato di aver assunto uno studio legale. L’accusa di non collaborare mossa da African Parks contro Survival sembrerebbe implicare che African Parks non fosse a conoscenza degli abusi e che noi non gli abbiamo fornito informazioni a riguardo. Ma è falso. E lo è da almeno 10 anni.

African Parks sta ricorrendo esattamente alle stesse tattiche usate contro di noi da altre organizzazioni ambientaliste, come il WWF, che è stato dimostrato in modo definitivo essere responsabili di violazioni dei diritti umani – e nessuna di loro affronta mai il vero problema.

Ciò che NON abbiamo visto sono shock per ciò che Survival e vari giornalisti hanno documentato; le scuse per i crimini che finanziano; la fine degli abusi e le azioni necessarie per fermarli: il rispetto dei diritti dei Baka, compresi i loro diritti territoriali sulla foresta ancestrale.

Perché Survival non fornisce ad African Parks i dettagli di cui ha bisogno per fermare gli abusi?

L’accusa di non collaborare mossa da African Parks contro Survival sembrerebbe implicare a) che African Parks non fosse a conoscenza degli abusi e b) che non gli abbiamo fornito informazioni a riguardo. Ma è falso. 

African Parks sa senza dubbio tutto degli abusi perché glielo abbiamo detto nel 2013; glielo abbiamo ripetuto nel 2014; abbiamo pubblicato un rapporto nel 2017; nel 2020 un alto funzionario statunitense ne ha parlato – e perché chiunque trascorra anche solo pochi giorni in un villaggio Baka viene a sapere di un episodio dopo l’altro. 

Survival ha parlato per la prima volta con African Parks dei violenti abusi compiuti dai suoi ranger contro gli indigeni Baka attorno al Parco Nazionale Odzala-Kokoua più di 10 anni fa – ed è probabile che loro ne fossero a conoscenza da ancor prima. Non è un segreto: chiunque si rechi in uno qualsiasi dei villaggi baka intorno al parco, come hanno fatto Survival e vari giornalisti, incontrerà molte persone che hanno sofferto terribilmente per mano delle guardie di African Parks. Eppure, per anni, African Parks ha risposto – come sta dicendo ora ai sostenitori di Survival – che se solo Survival avesse fornito maggiori dettagli sulle vittime che ci hanno parlato in confidenza, allora African Parks avrebbe fatto qualcosa al riguardo. Questo è allo stesso tempo falso e uno spudorato tentativo di sottrarsi alle proprie responsabilità.

Le vittime hanno comprensibilmente molta paura che i dettagli delle violenze subite vengano condivisi: il marito di una donna violentata dalle guardie di African Parks ha detto ai ricercatori di Survival che quando si è lamentato con le autorità del parco, è stato tenuto prigioniero e picchiato per nove ore. 
E comunque quello che serve non sono ulteriori informazioni esterne. African Parks ha ammesso a Survival già nel 2014 di essere a conoscenza degli abusi e ha persino ammesso di conoscere i dettagli di casi specifici da noi sollevati. Hanno immense risorse per scoprire ciò di cui hanno bisogno – e hanno anche la responsabilità di farlo in quanto gestori del parco e datori di lavoro dei ranger. Ne sanno già abbastanza, e lo sanno da abbastanza tempo, per sapere che non si tratta di incidenti isolati, ma di un problema sistemico di cui sono responsabili.

Eppure, non hanno fatto ciò che era necessario per fermarlo. Alcuni singoli guardaparco hanno subito misure disciplinari o sono stati licenziati, e African Parks, come ha fatto anche il WWF in una situazione simile, ha assunto uno studio legale. Nel frattempo, istruiscono le loro guardie, addestrate militarmente, a tenere i Baka lontani dalla foresta ancestrale, e loro eseguono a qualsiasi prezzo. Da anni, le guardie continuano ad attaccare i Baka, mentre i Baka vivono accampati sul ciglio della strada, nella disperata speranza di poter tornare nella loro terra, per provvedere a se stessi e alle loro famiglie e per proteggere la loro foresta. 

Dopo più di dieci anni, le proteste di African Parks – un'organizzazione ambientalista multimilionaria sostenuta da celebrità, che sostiene di non essere responsabili della situazione che ha creato o delle guardie che impiega, e che afferma che è colpa di singole guardie, o di Survival, o di chiunque denunci gli abusi – non possono che suonare vuote.

Cosa è successo con il WWF?

Quando Survival ha lanciato la campagna contro il WWF per gli abusi legati alla conservazione, il WWF ha attaccato, negato, cercato di scaricare la colpa e rivendicato l’innocenza con il sostegno del proprio studio legale. Ma la campagna di Survival ha fatto sì che la loro responsabilità per gli spaventosi abusi dei Baka legati alla conservazione venisse messa a nudo nelle inchieste dei media, in un’indagine delle Nazioni Unite e in un’audizione al Congresso degli Stati Uniti.

Le proteste dei sostenitori di Survival hanno fatto sì che le violenze contro i popoli indigeni da parte dei ranger finanziati dal WWF alla fine siano diventate meno diffuse, almeno in alcune aree. Ma in assenza di un vero cambiamento e della volontà di fare le cose diversamente, i popoli indigeni derubati delle loro foreste a favore dei parchi sostenuti dal WWF restano privati delle loro terre, dei loro diritti, della capacità di provvedere a se stessi e alle loro famiglie, e sono profondamente traumatizzati da anni di violenze.

Qual è il problema della conservazione?

Le prove scientifiche dimostrano in modo schiacciante che i popoli indigeni, come i Baka nel bacino del Congo, si prendono cura e gestiscono il proprio ambiente meglio di chiunque altro. Questo è il motivo per cui l’80% della biodiversità terrestre si trova nei territori indigeni. E quando i popoli indigeni hanno diritti garantiti sulla loro terra, ottengono risultati di conservazione molto migliori a una frazione del costo rispetto ai programmi di “conservazione” convenzionali.

Eppure, soprattutto in Africa e in Asia, i governi e le ONG stanno rubando vaste aree di terra ai popoli indigeni e alle comunità locali affermando falsamente che ciò sia necessario per la conservazione. Poi chiamano la terra rubata “Area Protetta” o “Parco Nazionale” e tengono lontani gli abitanti originari, a volte ricorrendo a scioccanti livelli di violenza. Mentre il taglio del legno, l’estrazione mineraria, il turismo e altre industrie sono benvenute, i guardaparco bruciano le case della popolazione locale, rubano i loro beni, vandalizzano le loro proprietà, e picchiano, torturano, stuprano e uccidono impunemente la popolazione.

Può sembrare incredibile, ma negli ultimi decenni Survival ha raccolto un’enorme quantità di testimonianze di popoli indigeni che hanno subito tali atrocità per mano di guardie addestrate, pagate e gestite da organizzazioni ambientaliste di fama mondiale come il World Wide Fund for Nature (WWF), la Wildlife Conservation Society (WCS) e, come nel caso dei Baka nel Parco Nazionale Odzala-Kokoua nella Repubblica del Congo, da African Parks. Queste atrocità sono state ulteriormente documentate da altre organizzazioni no-profit, da giornalisti, da indagini delle Nazioni Unite e nel corso di un’audizione al Congresso degli Stati Uniti. 

È tempo che l’industria della conservazione affronti gli abusi che il suo modello di conservazione sta causando e apporti un cambiamento fondamentale. I diritti territoriali degli indigeni devono essere rispettati: è l’unico modo per proteggere l’ambiente, rispettare il diritto internazionale e fermare definitivamente gli abusi.

Cosa si deve fare a Odzala-Kokoua e altrove?

I finanziatori devono smettere di finanziare la “conservazione fortezza”, un modello di conservazione che esclude violentemente i popoli indigeni dalle loro terre. I Baka sono i migliori custodi della loro foresta, che appartiene loro di diritto.

I governi devono riconoscere, rispettare e proteggere i diritti di proprietà collettiva della terra dei popoli indigeni. Le organizzazioni ambientaliste devono smettere di sfrattare e attaccare i popoli indigeni e di violare i loro diritti umani. Il principe Harry deve dimettersi dalla carica di membro del consiglio direttivo di African Parks prendendo le distanze da un’organizzazione che è complice degli sfratti e degli atroci abusi commessi contro i popoli indigeni.

Survival ce l’ha con il Principe Harry o con la famiglia reale?

Survival non ha alcuna posizione generale sul principe Harry né sulla famiglia reale britannica. La missione di Survival è lavorare a fianco dei popoli indigeni e tribali di tutto il mondo per aiutarli a difendere le loro vite, a proteggere le loro terre e a determinare autonomamente il proprio futuro.

Ciò include il condurre campagne contro gli abusi legati alla conservazione dei popoli indigeni, nel bacino del Congo e altrove.

​Il principe Harry è rilevante in questo contesto solo perché è membro del consiglio direttivo di African Parks, posizione alla quale è stato “elevato” nel 2023 dopo aver ricoperto la carica di presidente per sei anni dal 2017. Survival sta attualmente conducendo una campagna contro gli abusi commessi contro il popolo indigeno Baka nel Parco Nazionale Odzala-Kokoua della Repubblica del Congo, gestito da African Parks. Il ruolo del principe Harry gli conferisce una notevole responsabilità e controllo sul lavoro dell’organizzazione. Survival International gli ha scritto nel maggio 2023 in merito a questi abusi e ora gli chiediamo di dimettersi dal Consiglio di African Parks.

Nella sua veste di attivista per la giustizia razziale e per l'ambiente, il principe Harry deve prendere le distanze da un'organizzazione che è stata così orribilmente complice negli spaventosi abusi ai danni dei migliori guardiani della foresta. Ciò invierebbe un messaggio potente che porterebbe a un vero cambiamento.

African Parks, insieme ad altre grandi organizzazioni ambientaliste come il WWF, prende la terra degli indigeni per trasformarla in parchi o riserve militarizzate – e poi le loro guardie attaccano gli indigeni come i Baka solo perché cercano di vivere la loro vita sulla propria terra. Il principe Harry può contribuire a fermare questa violenta ingiustizia prendendo posizione contro African Parks e la “conservazione fortezza” proprio adesso. Essendo una persona che ha assunto una posizione di alto profilo contro il razzismo, le sue azioni potrebbero contribuire a portare un cambiamento reale per i Baka e per gli altri popoli indigeni che soffrono di abusi legati alla conservazione.

Survival sta aiutando il Daily Mail ad attaccare il principe Harry?

Survival indaga sin dagli anni '80 sulla distruzione dei Baka e di altri popoli indigeni del bacino del Congo condotta nel nome della conservazione. Survival esprime direttamente le proprie preoccupazioni ad African Parks da più di dieci anni. Nel 2023 abbiamo scritto al principe Harry e ad African Parks sugli abusi dei diritti umani commessi a Odzala, dopo che i nostri ricercatori hanno visitato nuovamente la zona e hanno ascoltato molte testimonianze di abusi continui.

I Baka stessi ci hanno chiesto direttamente di esprimere al mondo le loro preoccupazioni e di usare tutta la pressione possibile per contribuire a porre fine a tutto ciò. Poiché le comunicazioni private non hanno funzionato, Survival si è espressa pubblicamente. Nei confronti dei Baka, abbiamo il dovere di parlare con tutti i giornalisti che prendono sul serio questi abusi e si impegnano a indagare e a denunciarli. Ian Birrell e il Daily Mail hanno condotto un'indagine dettagliata e importante sul campo, raccogliendo numerose testimonianze tra i Baka vittime delle guardie di African Parks.

Survival è stata fondata nel 1969 dopo che un’inchiesta giornalistica (il Sunday Times del Regno Unito) rivelò orribili violazioni dei diritti umani contro i popoli indigeni del Brasile. Finché gli abusi continueranno, anche noi continueremo a lavorare con i giornalisti per contribuire a portare le testimonianze e le voci dei popoli indigeni all’attenzione del pubblico mondiale.

Condividere