Il libro della giungla: tribù minacciate di sfratto mentre il film esce nelle sale

12 aprile 2016

Molti Baiga denunciano di aver subito trattamenti violenti da parte dei guardaparco, e di soffrire la povertà al di fuori della loro terra ancestrale. © Survival International, 2013

Questa pagina è stata creata nel 2016 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

Mentre le sale cinematografiche italiane si preparano all’uscita del remake del celebre film della Disney tratto dal ‘Libro della Giungla’, in India, molte tribù vengono sfrattate illegalmente dalle loro terre ancestrali, trasformate in riserve delle tigri. E se da un lato le tribù sono costrette ad andarsene, dall’altra, si aprono le porte ai turisti paganti.

Una di queste terre è proprio la celebre Riserva delle tigri di Kanha, che ispirò il romanzo di Rudyard Kipling e dalla quale, nel 2014, sono stati sfrattati illegalmente centinaia di indigeni Baiga e Gond. E minacce di sfratto pendono ora anche sulla vicina riserva di Achanakmar nonostante la forte opposizione delle tribù, e su quella di Amrabad, solo per citarne alcune.

Khana è pubblicizzata come il luogo "ispiratore” del Libro della giungla e incoraggia il turismo di massa sostenendo che “non c’è altro posto in cui si possono vedere [le tigri] così spesso”. Ma pochi dei visitatori e degli appassionati del film Disney saranno consapevoli delle violenze e delle intimidazioni inflitte ai popoli indigeni nel nome della conservazione della tigre proprio nella foresta in cui il libro è ambiantato.

Secondo il Dipartimento alle Foreste, le tribù accettano “il trasferimento volontario”, ma in realtà sono costrette ad “accettare” lo sfratto tramite corruzione e minacce di violenza. Alcune tribù sono trasferite in campi di reinsediamento governativi, mentre altre vengono semplicemente cacciate via e costrette a vivere in condizioni di povertà ai confini del loro territorio.

“Siamo stati una delle ultime famiglie a resistere. Ma le persone della riserva ci hanno costretto ad andarcene" ha dichiarato un uomo Baiga dopo essere stato sfrattato con la forza da Kanha nel 2014. "Ci hanno detto che avrebbero avuto cura di noi per tre anni, ma non hanno fatto nulla. Non è venuto nessuno ad aiutarci nemmeno quando mio fratello è stato ucciso.”

“Ci sentiamo persi – vaghiamo in cerca di terra” ha detto un altro Baiga. “Qui c’è solo tristezza. Abbiamo bisogno della giungla.”

I Baiga sono stati sfrattati con la forza dalla loro terra e non possono farvi ritorno. © Survival

Le grandi organizzazioni della conservazione sono colpevoli di supportare questa situazione. Non denunciano mai apertamente gli sfratti. In realtà, molte tribù indiane venerano le tigri e vivono pacificamente al loro fianco da generazioni; non esistono prove che gli sfratti proteggano gli animali. Al contrario: è molto più probabile che li danneggino, perchè escludono la popolazione locale dagli sforzi per la conservazione.

I popoli indigeni sono i migliori conservazionisti e custodi del mondo naturale. Dovrebbero essere in prima linea nella conservazione della tigre, e invece ne sono esclusi. Vi sono addirittura prove del fatto che nelle aree da cui le tribù non sono state mandate via, vivono più tigri.

“Speriamo che questo film aiuti a richiamare attenzione sulle sofferenze che i popoli indigeni di tutta l’India devono subire nel nome della conservazione della tigre” ha commentato oggi Stephen Corry, Direttore generale di Survival International. “Il crollo della popolazione delle tigri registrato nel secolo scorso non ha avuto nulla a che fare con le tribù. Era dovuto alla rapida industrializzazione, e ai massacri operati dai cacciatori coloniali e dalle élite indiane. Eppure, in tutta l’India, le tribù ne stanno ancora pagando il prezzo: vengono cacciate dalla loro terra ancestrale per essere rimpiazzate da migliaia di turisti.”

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