India: guardaparco ferisce un bambino nel famigerato parco nazionale dove si ‘spara a vista’

20 luglio 2016

Akash Oram in ospedale, dopo essere stato ferito dai colpi di pistola sparati dai guarda-parco (clicca per vedere la foto intera). © JEEPAL

Questa pagina è stata creata nel 2016 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

Un bambino indigeno di 7 anni sarebbe in condizioni critiche dopo essere stato ferito da un guardaparco nel Parco Nazionale di Kaziranga, nell’India settentrionale, famigerato per applicare la brutale politica di “sparare a vista” contro chi è sospettato di bracconaggio.

Il bambino – identificato nei rapporti con il nome di Akash Oram – appartiene alla tribù degli Oroan, che vive nei dintorni del parco nazionale. È stato colpito gravemente in più punti alle gambe e al momento è ricoverato in ospedale.

Alla sparatoria sono seguite le proteste degli indigeni locali e due guardaparco sono stati sospesi. Il villaggio di Akash rischia lo sfratto.

L’incidente solleva seri dubbi circa l’opportunità della politica dello “sparare a vista”, che negli ultimi nove anni ha causato la morte di almeno sessantadue persone all’interno del parco. Questo approccio militarizzato alla conservazione ha avuto gravi conseguenze per i popoli indigeni locali, che rischiano arresti, pestaggi, torture e addirittura morte proprio nel nome nella conservazione.

“Il direttore del parco di Kaziranga sta violando i diritti umani e costituzionali dei popoli tribali…” ha detto Madegowda C, un uomo della tribù Soliga, nell’India meridionale. “La conservazione delle foreste non è possibile senza le comunità tribali e locali. Gran parte dei funzionari forestali non capisce la relazione tra la foresta e le tribù, devono capire le culture tribali e il nostro stile di vita nella foresta. Siamo i popoli indigeni di questo paese e siamo esseri umani.”

L’Hindustan Times ha riportato che altri indigeni dell’area sono stati colpiti e feriti come “bracconieri” solo perché giravano all’interno dei confini del parco per recuperare il bestiame o raccogliere legna. Un rapporto del 2014 scritto dal direttore del parco rivela inoltre che i guardaparco vengono incoraggiati a giustiziare a vista i sospetti “bracconieri”, con slogan come “obbedire o essere uccisi” e “non permettere mai ingressi non autorizzati (uccidere gli indesiderati)”.

Le esecuzioni extra-giudiziali sono molto comuni a Kaziranga, e le guardie godono dell’impunità se sparano a sospetti bracconieri. © Survival

Sembra che la popolazione locale nei pressi del parco sia pagata per fornire informazioni sui sospetti bracconieri. Se uno di questi sospettati viene poi ucciso, l’informatore riceve fino a 1.000 dollari.

L’ex Ministro all’Ambiente e alle Foreste Prakash Javadeka – del partito di Narendra Modi BJP – aveva pianificato di estendere questa politica in tutto il paese a dispetto delle preoccupazioni per i diritti umani e del serio rischio che le guardie possano uccidere persone innocenti.

Ma prove dimostrano che la militarizzazione non è affatto necessaria perché la conservazione vada a buon fine. Nella riserva delle tigri di BRT, nell’India meridionale, dove i popoli indigeni hanno ottenuto il diritto a restare nella loro terra ancestrale e le tattiche militari non vengono utilizzate per la conservazione, il numero di tigri è aumentato ben oltre la media nazionale.

Prendere i mira i popoli indigeni distoglie l’attenzione dai veri bracconieri – criminali che cospirano con funzionari corrotti. All’inizio dell’anno, quattro funzionari di Kaziranga sono stati arrestati perché sospettati di bracconaggio e coinvolgimento nel traffico illegale di fauna.

Le tattiche armate per la conservazione non vengono utilizzate solo in India. In Camerun, ad esempio, i ‘Pigmei’ Baka hanno denunciato ripetutamente pestaggi e torture da parte dei guardaparco. In Botswana, invece, i Boscimani vengono criminalizzati se cacciano per nutrire le loro famiglie, e rischiano arresti e pestaggi.

“È ora che l’opinione pubblica internazionale faccia sentire la propria voce per impedire che indigeni innocenti siano feriti e uccisi nel nome della conservazione” ha dichiarato oggi il Direttore generale di Survival International, Stephen Corry. “Perché le grandi organizzazioni per la conservazione si rendono complici di queste politiche mortali, che non servono a contrastare i veri colpevoli del bracconaggio – criminali che cospirano con funzionari corrotti? È inutile far finta che questo sia un incidente isolato: è parte integrante del regime sanguinario che vige in questa riserva delle tigri.”

Tribù delle riserve delle tigri
Popolo

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