Sparare a vista a fini di conservazione: l'IUCN affronterà il problema?

2 settembre 2016

Akash Oram, un bambino indigeno, è stato ferito dai colpi di pistola sparati da una guardia forestale nel Parco Nazionale di Kaziranga ad Assam, in India. © JEEPAL

Questa pagina è stata creata nel 2016 e potrebbe contenere un linguaggio ormai obsoleto.

In occasione del congresso mondiale dell’ Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali (IUCN), che si tiene in questi giorni a Honolulu, Hawaii, Survival International sollecita l’organizzazione ad affrontare il problema della diffusione di politiche violente – come quella dello sparare a vista – ai fini della conservazione.

Survival ha chiesto alla direttrice di IUCN Inger Andersen di discutere la mozione: “Condanniamo gli omicidi extragiudiziali e le politiche dello ‘sparare a vista’ nel nome della conservazione.”

La politica dello “sparare a vista” si sta infatti diffondendo rapidamente nella conservazione ed è devastante per i popoli indigeni:

- nel giugno 2016 nel Parco Nazionale di Kaziranga, in India, un guardaparco ha sparato a un bambino indigeno di sette anni, ferendolo gravemente. In soli nove anni, sono state giustiziate senza processo 62 persone. I popoli indigeni rischiano lo sfratto per fare spazio all’espansione del parco.

“Gli indigeni dovrebbero essere i custodi dei parchi nazionali, ma la politica governativa li impoverisce e li aliena” ha detto un attivista indigeno. “Non hanno mezzi di sussistenza e vivono in uno stato di perenne prigionia.”

- Di recente in Botswana la polizia ha sparato da un elicottero a nove Boscimani che stavano cacciando antilopi per nutrire le proprie famiglie. Questi sono stati poi arrestati, denudati e picchiati. Nel paese è in vigore un divieto di caccia e, mentre i collezionisti di trofei vengono incoraggiati, per i Boscimani è molto difficile vivere.

I Boscimani sono stati feriti con armi da fuoco, arrestati e picchiati per aver cacciato per nutrire le loro famiglie in Botswana. © Forest Woodward / Survival, 2015

Tutto ciò, nonostante una sentenza della Corte del 2006 abbia riconosciuto il diritto dei Boscimani a vivere e cacciare nella loro terra ancestrale.

Di recente, il Ministro della Fauna del paese ha dichiarato: “I bracconieri dovrebbero cominciare a portare con sé la carta di identità così che si possa informare il loro parente più prossimo. Sì, Dio giudicherà i bracconieri, ma sta a noi organizzare l’incontro.”

La diffusione di tattiche dello “sparare a vista” è solo un segnale di come la conservazione stia diventando militarizzata e sempre più violenta. Le grandi organizzazioni per la conservazione sono colpevoli di sostenere questa situazione. Non denunciano mai gli sfratti, gli arresti arbitrari o le sparatorie che avvengono nel nome della conservazione.

Ma nell’opinione pubblica ci sono segnali di crescente preoccupazione. Il Relatore Speciale alle Nazioni Unite per i Popoli Indigeni ha da poco pubblicato un rapporto sull’impatto della conservazione su questi popoli. E, di recente, una grande quantità di articoli nella stampa ha denunciato gli impatti devastanti dei progetti di conservazione sui popoli indigeni in tutto il mondo.

“Invece di applicare le politiche sui popoli indigeni solo a parole, la conservazione sarebbe più efficace se portasse davvero le comunità locali dalla sua parte” ha commentato Stephen Corry, Direttore generale di Survival International. “Le iniziative per la conservazione dovrebbero contrastare i veri bracconieri – criminali collusi con funzionari corrotti. Invece si spara a vista sui popoli indigeni, mentre le grandi organizzazioni della conservazione restano a guardare. È una crisi umanitaria ed è vergognoso che Survival debba faticare tanto affinché questo scandalo sia condannato.”

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